La versione del Senato del “One Big Beautiful Bill Act” elimina la tassa sui componenti esteri per l’eolico e il solare, facendo volare i titoli green. Tuttavia, il disegno di legge introduce una graduale eliminazione dei crediti d’imposta, prefigurando un possibile arresto nella corsa alle rinnovabili.
I titoli delle aziende dell’energia rinnovabile hanno registrato forti rialzi in Borsa dopo la rimozione, all’ultimo minuto, di una tassa da 7 miliardi di dollari su componenti esteri per impianti solari ed eolici dalla versione del Senato del disegno di legge noto come One Big Beautiful Bill Act, promosso dall’amministrazione Trump. La misura, fortemente contestata dagli operatori del settore, avrebbe colpito indirettamente la supply chain globale delle rinnovabili, mirando a penalizzare le importazioni dalla Cina.
Nonostante il sollievo dei mercati – con NextEra Energy in rialzo del 5%, Array Technologies e Nextracker oltre il 12% e Sunrun più del 10% – i principali stakeholder del comparto mettono in guardia: il quadro normativo resta incerto e potenzialmente dannoso. La legge, infatti, prevede la graduale eliminazione dei crediti d’imposta per investimenti e produzione di energia pulita, fondamentali per la crescita del settore negli ultimi due decenni.
Il contesto normativo e geopolitico
La controversa tassa, definita come “punitive” dall’American Clean Power Association (ACP) e dalla Solar Energy Industries Association (SEIA), avrebbe imposto limitazioni stringenti all’uso di componenti provenienti da “foreign entities of concern”, termine diplomaticamente ambiguo, ma generalmente riferito alla Cina. In una fase in cui la sicurezza energetica e l’autonomia strategica sono al centro delle agende occidentali, la misura era vista come un tentativo di rilocalizzare la produzione di componentistica in patria.
Tuttavia, la rimozione della tassa non cancella del tutto le preoccupazioni. Il disegno di legge prevede che i progetti avviati entro 12 mesi dalla sua approvazione mantengano l’accesso pieno ai crediti, ma impone una scadenza severa per i successivi: per beneficiare dei sussidi, gli impianti devono entrare in funzione entro la fine del 2027.
Impatti economici e industriali
Secondo SEIA, se approvata nella sua forma attuale anche alla Camera, la legge rischia di avere conseguenze sistemiche sul comparto manifatturiero statunitense e sull’intera catena del valore dell’energia pulita. “Questa legislazione mina le basi del ritorno manifatturiero americano”, ha dichiarato Abigail Ross Hopper, CEO di SEIA. La riduzione dei benefici fiscali e la prospettiva di barriere alla supply chain internazionale potrebbero provocare la chiusura di impianti produttivi, perdita di posti di lavoro e un incremento delle bollette per i consumatori.
Il disegno di legge riflette inoltre una svolta protezionistica che, seppur volta alla salvaguardia della sicurezza economica e strategica, entra in frizione con gli impegni ambientali internazionali e con l’urgenza di accelerare la transizione energetica. In un contesto globale in cui attori come l’Unione Europea e la Cina stanno aumentando gli investimenti pubblici e privati nelle energie rinnovabili, l’indebolimento della politica industriale verde negli Stati Uniti potrebbe avere ricadute geopolitiche rilevanti.
Mercati finanziari: reazione positiva, ma prudente
Gli ETF del settore hanno reagito positivamente all’approvazione del testo al Senato: Invesco Solar ETF (TAN) ha guadagnato il 2,9%, mentre l’iShares Global Clean Energy ETF (ICLN) è salito dello 0,8%. Tuttavia, titoli come First Solar hanno perso terreno (-1%), segno che la fiducia degli investitori resta condizionata dalle incertezze legislative. Le aziende più esposte a incentivi pubblici e alla stabilità normativa, come i produttori di inverter (SolarEdge, Enphase) e i costruttori di infrastrutture di tracciamento solare, mostrano maggiore volatilità.
Politica energetica nazionale
La rimozione della tassa sulle rinnovabili rappresenta una vittoria tattica per l’industria dell’energia pulita, ma l’assetto complessivo del disegno di legge solleva interrogativi profondi sul futuro della transizione energetica negli Stati Uniti. In gioco non vi è solo una questione fiscale o industriale, ma un’intera visione di politica energetica nazionale, in bilico tra protezionismo e apertura, innovazione e conservatorismo, indipendenza strategica e cooperazione globale.
L’esito finale dipenderà ora dal passaggio alla Camera dei Rappresentanti, dove l’equilibrio politico potrebbe introdurre ulteriori modifiche. In un’epoca di ribilanciamento tra energia, tecnologia e geopolitica, le scelte legislative di oggi plasmeranno l’ecosistema energetico di domani.