AI Act: CCIA Europe chiede una pausa alla Commissione UE. Rischi per l’innovazione e il ruolo geopolitico dell’Europa nell’IA

RedazioneRedazione
| 26/06/2025
AI Act: CCIA Europe chiede una pausa alla Commissione UE. Rischi per l’innovazione e il ruolo geopolitico dell’Europa nell’IA

Il gruppo di lobbying tecnologico CCIA Europe, che rappresenta colossi come Alphabet, Meta e Apple, sollecita Bruxelles a ritardare l’attuazione dell’AI Act. Mancano ancora disposizioni chiave per i modelli di AI generali. Tra le preoccupazioni: incertezza normativa, rallentamento degli investimenti e impatti sull’autonomia strategica europea.

A pochi mesi dall’entrata in vigore di uno dei più ambiziosi regolamenti sull’intelligenza artificiale a livello globale, il Computer & Communications Industry Association Europe (CCIA Europe) – che annovera tra i suoi membri Alphabet, Meta e Apple – lancia un allarme a Bruxelles: “Serve una pausa per completare l’AI Act in modo efficace e bilanciato. Il rischio è frenare l’innovazione e compromettere la competitività industriale del continente.”

Il regolamento sull’intelligenza artificiale dell’Unione Europea, entrato formalmente in vigore nel giugno 2024, prevede l’attuazione progressiva di varie disposizioni, tra cui norme specifiche sui modelli di intelligenza artificiale di uso generale (GPAI). Tuttavia, alcune parti cruciali di queste regole, attese entro il 2 maggio scorso, non sono ancora state pubblicate. L’obiettivo originario era rendere operative queste disposizioni entro il 2 agosto 2025.

Secondo Daniel Friedlaender, vicepresidente senior di CCIA Europe, “con elementi fondamentali ancora mancanti a poche settimane dalla scadenza, è essenziale prendersi il tempo per finalizzare il testo. Procedere ora rischia di creare una cornice normativa instabile, poco attuabile e dannosa per l’ecosistema AI europeo”.

Quadro giuridico incompleto e incertezza normativa: le imprese restano disorientate

Una recente indagine condotta da Amazon Web Services ha rivelato che oltre il 70% delle aziende europee fatica a comprendere appieno i propri obblighi nell’ambito dell’AI Act. Un dato che evidenzia come il divario tra il legislatore e il tessuto imprenditoriale sia ancora ampio.

Anche alcuni leader politici condividono la preoccupazione. Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha definito le norme “confuse” e ha invitato la Commissione a riflettere su una sospensione temporanea, sollecitando un confronto tra capi di Stato e di governo in occasione del vertice di Bruxelles di giovedì.

Dall’altra parte, la Commissione Europea – tramite la commissaria al digitale Henna Virkkunen – ha ribadito l’intenzione di applicare il regolamento con un approccio “pro-innovazione”, pur riconoscendo le preoccupazioni di alcuni stakeholder industriali.

Geopolitica e governance tecnologica: un test cruciale per l’Europa

Il contesto globale contribuisce a rendere il dibattito ancora più acceso. Gli Stati Uniti, pur intensificando gli sforzi regolatori, mantengono un approccio di tipo volontario e flessibile, finalizzato a promuovere l’innovazione senza imporre vincoli eccessivi. La Cina, invece, ha adottato una normativa fortemente orientata al controllo statale e alla sicurezza nazionale, consolidando la propria visione di “AI per la stabilità sociale”.

In questo scenario, l’Europa si trova a svolgere un ruolo intermedio e ambizioso, cercando di conciliare etica, competitività e autonomia strategica. Ma secondo numerosi analisti del settore, un’applicazione mal calibrata del regolamento potrebbe generare l’effetto opposto: delocalizzazione degli investimenti, fuga dei talenti e indebolimento della sovranità digitale europea.

Serve equilibrio tra tutela e competitività

Il nodo cruciale è l’equilibrio tra protezione dei diritti fondamentali, trasparenza algoritmica e sostenibilità economica del settore AI. In assenza di linee guida operative chiare e strumenti di compliance accessibili per le imprese, soprattutto le PMI, l’AI Act rischia di diventare un ostacolo più che un’opportunità.

Una pausa temporanea – per definire le norme tecniche mancanti e armonizzare gli standard con i principali partner globali – potrebbe rappresentare un passo necessario per evitare una frammentazione del mercato interno e salvaguardare la leadership tecnologica dell’Unione Europea.

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