Copenhagen sostituirà Office 365 con soluzioni europee open source entro il 2025. Una scelta tecnologica con forti implicazioni geopolitiche e industriali.
La Danimarca si prepara a compiere un passo rilevante nella definizione di una strategia di sovranità digitale europea. Il Ministero per gli Affari Digitali, guidato da Caroline Olsen, ha annunciato la dismissione progressiva dei software Microsoft Office 365 all’interno delle pubbliche amministrazioni centrali. Al loro posto, entro fine anno, verrà adottato LibreOffice, suite open source sviluppata dalla Document Foundation con sede a Berlino.
La decisione, presentata come “tecnica”, rivela in realtà un orientamento strategico fortemente ispirato alla volontà di ridurre la dipendenza da fornitori statunitensi, in particolare nel contesto di un’Europa sempre più distante dalle logiche tecnologiche e commerciali di Washington sotto la nuova amministrazione Trump.
Sovranità digitale e sicurezza dei dati: una nuova architettura pubblica del software
La scelta danese si inserisce in un più ampio dibattito europeo su autonomia tecnologica, sicurezza dei dati e controllo strategico delle infrastrutture digitali. Con LibreOffice, Copenhagen abbraccia un modello open source, auditabile e conforme alle normative europee in materia di protezione dei dati, in linea con il GDPR e con le raccomandazioni di ENISA e dell’European Data Protection Supervisor (EDPS).
Olsen ha sottolineato che “l’obiettivo non è solo economico, ma strutturale: garantire che le pubbliche amministrazioni danesi utilizzino strumenti conformi ai valori e agli standard normativi dell’Unione Europea, riducendo l’esposizione a infrastrutture cloud extraterritoriali”.
Le implicazioni economiche e industriali: open source come politica industriale
L’adozione sistemica di LibreOffice non è solo una scelta di licensing o di sicurezza: rappresenta un atto di politica industriale. Sostenendo un progetto europeo e open source, la Danimarca investe indirettamente nell’economia della conoscenza distribuita, innescando un potenziale moltiplicatore per l’ecosistema tecnologico continentale.
In parallelo, le amministrazioni municipali di Copenhagen e Aarhus – già pionieri in questo cambio di paradigma – avevano nei mesi scorsi disattivato i servizi cloud Microsoft in favore di infrastrutture gestite localmente o su stack cloud open source europei (come Nextcloud o OpenNebula), rafforzando ulteriormente il segnale politico ed economico del cambiamento in atto.
Geopolitica del software: l’Europa si emancipa da Big Tech USA?
Il caso danese si inserisce in un clima di tensione transatlantica crescente. L’approccio protezionista e iper-competitivo della nuova amministrazione statunitense ha accelerato in molti Paesi UE la riflessione su indipendenza tecnologica e digital resilience. La scelta di LibreOffice è dunque anche una risposta geopolitica: riorientare il procurement pubblico europeo verso soluzioni non americane, che rispettino la territorialità giuridica e la governance comunitaria.
In questo senso, la Danimarca anticipa scenari più ampi che potrebbero vedere l’adozione obbligatoria di software open source per la PA a livello UE o l’introduzione di requisiti di localizzazione dei dati come condizione per la partecipazione a gare pubbliche.
Verso un modello europeo di innovazione digitale sostenibile
Il caso danese suggerisce che l’open source non è più solo un’opzione tecnica, ma può divenire una leva strategica per rafforzare la sostenibilità giuridica, economica e ambientale del digitale europeo. In un contesto in cui il controllo sui dati, sui protocolli e sulle piattaforme rappresenta un asset geopolitico primario, la capacità di sviluppare e governare software a codice aperto assume un’importanza sistemica.
Se altri Paesi seguiranno l’esempio danese, l’Europa potrebbe compiere un salto di qualità decisivo nella definizione di una politica industriale digitale autonoma, fondata su standard aperti, interoperabilità e innovazione democratica.