Secondo il Dipartimento del Commercio statunitense, Huawei potrà produrre al massimo 200.000 chip AI avanzati nel 2025, ma l’avanzata tecnologica della Cina continua. Tra investimenti record, tensioni commerciali e nuove rotte per la sovranità digitale, la guerra dei semiconduttori entra in una nuova fase.
La capacità produttiva limitata di Huawei in materia di chip per intelligenza artificiale non deve trarre in inganno. Lo ha dichiarato Jeffrey Kessler, sottosegretario al Commercio degli Stati Uniti, in un’audizione alla Camera. La previsione per il 2025 indica un tetto massimo di 200.000 unità prodotte del chip Ascend 910C, destinate principalmente al mercato interno cinese.
Un numero che potrebbe apparire modesto se confrontato con i volumi dei grandi player statunitensi, ma che segnala una traiettoria di recupero strategico da parte della Cina sul fronte tecnologico, proprio nell’area più critica della geopolitica contemporanea: l’AI e i semiconduttori.
Restrizioni USA, resilienza cinese: lo scenario normativo
Dal 2019, Washington ha imposto una serie di restrizioni all’export di tecnologia avanzata verso la Cina, in particolare a danno di Huawei. Le sanzioni hanno colpito l’accesso a chip ad alte prestazioni e a strumenti di progettazione elettronica (EDA software), limitando le capacità evolutive delle imprese cinesi.
Nonostante queste barriere, Pechino ha reagito con un massiccio piano di investimenti pubblici e privati nel comparto strategico dell’AI hardware, cercando di costruire una filiera interna in grado di ridurre la dipendenza tecnologica da Stati Uniti e Taiwan.
Come ha evidenziato lo stesso Kessler, è essenziale che gli Stati Uniti non si illudano: “La Cina sta colmando rapidamente il gap tecnologico.”
Huawei Ascend 910C vs Nvidia: una sfida a più livelli
Il chip Ascend 910C di Huawei è la risposta interna alla leadership tecnologica di Nvidia, attualmente leader mondiale nel settore dei chip per intelligenza artificiale, utilizzati per addestrare i modelli generativi e cognitivi. Tuttavia, i controlli imposti da Washington sull’esportazione dei modelli più sofisticati – come l’H100 – hanno frenato la penetrazione commerciale globale di Nvidia, aprendo spazi per i concorrenti cinesi sul mercato domestico.
Huawei ha riconosciuto che i propri chip restano una generazione indietro rispetto ai concorrenti americani, ma ha anche dichiarato un impegno annuale da oltre 25 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, segnale della forte volontà di recuperare competitività.
AI, export control e diplomazia tecnologica
Il tema dei controlli all’esportazione è tornato al centro del dibattito strategico tra Stati Uniti e Cina anche nell’ambito dei recenti colloqui bilaterali a Londra, culminati in una tregua commerciale provvisoria. Tuttavia, le frizioni restano, soprattutto per le limitazioni cinesi all’export di minerali critici e terre rare, fondamentali per l’elettronica avanzata.
In questo contesto, gli Stati Uniti hanno risposto con nuove restrizioni su software di progettazione, motori aeronautici e altri beni strategici, consolidando il proprio approccio difensivo-industriale alla competizione tecnologica.
Il rappresentante democratico Greg Meeks ha ammonito contro una sovrapposizione tra politica commerciale e strategia di controllo delle esportazioni, sottolineando il rischio di politicizzazione delle scelte industriali.
Sovranità tecnologica e scenari futuri
La differenza tra “modelli AI” e “chip AI” è cruciale: se i modelli generativi cinesi sono a 3-6 mesi di distanza da quelli statunitensi, i chip – secondo fonti della Casa Bianca – restano indietro di 1-2 anni. Ma la rapidità di avanzamento, unita al supporto statale e a un ecosistema industriale coeso, rende il vantaggio americano fragile nel medio periodo.
Come ha dichiarato Kessler, il quadro è in continua evoluzione e richiede controlli dinamici e adattivi, capaci di bilanciare sicurezza nazionale e innovazione competitiva.
Una nuova architettura della sicurezza economica
La vicenda Huawei rappresenta solo una tessera nel mosaico più ampio della guerra sistemica per la supremazia digitale globale. In gioco non c’è solo il futuro dell’intelligenza artificiale, ma la ridefinizione di intere catene del valore industriale, la sovranità tecnologica dei blocchi geopolitici e la capacità degli Stati di regolare la concorrenza in un mondo multipolare.
In questo scenario, il chip AI diventa il nuovo “petrolio” del XXI secolo. E la corsa per controllarlo è solo all’inizio.