Nel nuovo riesame della politica monetaria, Francoforte difende le misure espansive del passato. Ma tra stimolo protratto, perdite contabili e disallineamento con l’inflazione, emergono interrogativi sull’efficacia e sostenibilità del paradigma vigente.
Mentre i riflettori dei mercati finanziari si concentrano sulle prospettive di crescita e sui futuri orientamenti dei tassi, la Banca Centrale Europea si prepara a pubblicare il suo strategic review, il documento cardine che ridefinisce — o, in questo caso, riafferma — la propria traiettoria operativa. La revisione, avviata nel marzo 2024, si sta rivelando più una conferma che una riforma, almeno secondo quanto anticipato da fonti interne all’istituzione.
Una strategia di continuità, nonostante inflazione e perdite
Nonostante le pressioni per un bilancio critico sulle politiche ultra-espansive degli ultimi dieci anni, la BCE sembra intenzionata a mantenere inalterata la sua architettura monetaria di riferimento, continuando a legittimare strumenti come gli acquisti massivi di titoli (quantitative easing), i tassi negativi e la forward guidance.
Tali strumenti, nati per contrastare le spinte deflazionistiche post-crisi finanziaria e successivamente rafforzati durante la pandemia, sono oggi messi in discussione a causa degli effetti collaterali emersi nella fase inflattiva 2021–2022: reazioni tardive, distorsioni nei mercati dei capitali e, non ultimo, perdite contabili ingenti per le banche centrali nazionali della zona euro, dovute alla rivalutazione dei portafogli obbligazionari e alla remunerazione crescente delle riserve bancarie.
Secondo fonti qualificate, tuttavia, il documento finale conterrà modifiche marginali, evitando autocritiche sostanziali e ribadendo la necessità di un’azione “particolarmente energica o persistente” in presenza di inflazione e tassi prossimi allo zero.
Dibattito interno: tra gradualismo e fratture latenti
Sebbene il confronto tra i membri del Consiglio Direttivo non abbia generato fratture manifeste, alcune voci dissonanti emergono con chiarezza. Il governatore belga Pierre Wunsch ha suggerito di eliminare il riferimento all’azione “forzata” nella strategia. Più cauti, ma critici anche Klaas Knot (Paesi Bassi) e Isabel Schnabel (Germania), che invocano un uso più selettivo del QE.
Durante il ritiro strategico svoltosi a Porto il 6-7 maggio, i policymaker sono stati presentati con un’analisi d’impatto che valorizza l’efficacia delle misure non convenzionali, sostenendo la loro permanenza nella cassetta degli attrezzi. Tuttavia, l’utilizzo della forward guidance viene messo in discussione, alla luce della sua rigidità operativa emersa nel recente contesto inflattivo.
Implicazioni economiche e finanziarie: tra reputazione e sostenibilità
L’assetto attuale della BCE comporta implicazioni multilivello. Sul piano economico, il mantenimento di strumenti straordinari anche in assenza di emergenze rischia di alterare i segnali di mercato, generare allocazioni inefficienti del capitale e gonfiare bolle finanziarie. Sul versante finanziario, la gestione di riserve per circa 2.800 miliardi di euro al tasso del 2,25% comporta costi strutturali per le banche centrali, erodendo la base patrimoniale e azzerando i dividendi pubblici. In prospettiva, ciò potrebbe alimentare dubbi sulla legittimazione istituzionale della banca centrale, in particolare presso le opinioni pubbliche più sensibili alla sostenibilità fiscale.
Geopolitica monetaria e futuro del mandato
Il contesto globale accresce le pressioni sulla BCE. L’architettura monetaria internazionale si confronta oggi con nuovi fattori di rischio sistemico: guerre commerciali, weaponization del dollaro, ridefinizione degli standard di pagamento (dalla CBDC all’espansione del renminbi). In tale scenario, l’Eurozona sconta ritardi tecnologici e fragilità infrastrutturali, che mettono in discussione la resilienza del proprio sistema finanziario.
Sebbene il mandato della BCE resti centrato sulla stabilità dei prezzi, emerge con urgenza la necessità di un allargamento strategico: integrazione con politiche industriali, supporto alla transizione digitale e climatica e contributo alla sovranità tecnologica europea. Ignorare tali dimensioni rischia di confinare la politica monetaria in una funzione meramente reattiva.
Continuità o occasione mancata?
Il prossimo strategic review si preannuncia come un esercizio di conservazione istituzionale, più che un punto di svolta. La BCE sembra voler difendere l’efficacia della sua azione passata, limitando al minimo i segnali di revisione. Ma in un mondo dove volatilità, frammentazione e trasformazioni digitali ridisegnano le regole del gioco economico e geopolitico, una riflessione più profonda sulla funzione stessa della banca centrale appare non solo opportuna, ma necessaria.