La decisione di aumentare l’output a giugno riflette tensioni tra i membri, obiettivi strategici sauditi e l’influenza della politica energetica americana sul mercato globale del greggio.
OPEC+ ha annunciato un nuovo incremento della produzione di petrolio per il mese di giugno, pari a 411.000 barili al giorno, segnando il secondo mese consecutivo di accelerazione nell’allentamento dei tagli precedenti. La decisione giunge in un momento in cui i prezzi del petrolio hanno toccato il minimo quadriennale sotto i 60 dollari al barile e in un contesto segnato da aspettative di domanda più debole e crescenti incertezze economiche globali.
Secondo il comunicato diffuso dopo una riunione online, il gruppo ha definito “sani” i fondamentali del mercato, sottolineando una strategia di gestione attiva dell’offerta più orientata all’equilibrio politico-industriale tra i membri che al puro sostegno dei prezzi.
Tra disciplina interna e diplomazia petrolifera: le vere leve della decisione
L’incremento produttivo, che segue un aumento più marcato già deciso per maggio, porta il totale delle aggiunte da aprile a giugno a 960.000 barili al giorno, circa il 44% dell’allentamento pianificato rispetto ai tagli da 2,2 milioni bpd in vigore.
Dietro l’annuncio, però, si cela una strategia geopolitica più complessa. Fonti interne indicano che l’Arabia Saudita, leader de facto dell’organizzazione, sta spingendo per accelerare l’uscita dai tagli come misura punitiva verso membri come Iraq e Kazakistan, ritenuti inadempienti rispetto alle quote di produzione assegnate. Anche la Russia è coinvolta, seppur in misura minore, nel tema della non conformità.
La pressione saudita non è solo una questione di disciplina interna, ma una manovra di contenimento politico per riaffermare la leadership nella governance dell’OPEC+ e per ridefinire gli equilibri interni a fronte di crescenti divergenze tra membri produttori.
La variabile statunitense: tariffe e pressione diplomatica
Il contesto decisionale è influenzato anche dagli sviluppi nella politica commerciale statunitense. Le tariffe imposte dall’amministrazione Trump hanno generato preoccupazioni diffuse sulla tenuta della domanda globale di energia. Parallelamente, lo stesso Trump ha sollecitato un aumento dell’offerta da parte di OPEC+, che potrebbe leggere l’azione saudita come una risposta diplomatica favorevole in vista della visita presidenziale in Arabia Saudita prevista entro maggio.
Il rischio che si prospetta per OPEC+ è quello di una perdita di capacità di gestione proattiva del mercato: se da un lato l’aumento dell’offerta può allentare pressioni geopolitiche e interni squilibri, dall’altro potrebbe alimentare un ulteriore calo dei prezzi, destabilizzando gli equilibri fiscali di paesi già fragili.
Dimensioni finanziarie e prospettive di mercato
Sul fronte finanziario, i mercati hanno reagito con cautela. Il Brent ha perso oltre l’1% venerdì scorso, attestandosi a 61,29 dollari al barile, segnalando una riduzione dell’aspettativa di supporto ai prezzi da parte del cartello. Le prospettive di breve termine restano dominate da volatilità e incertezza, in un momento in cui il cartello continua a mantenere in vigore tagli complessivi per quasi 5 milioni di barili al giorno, con estensione prevista fino al 2026.
L’efficacia della strategia dipenderà da due fattori critici:
- capacità dei membri di rispettare le quote, evitando reazioni divergenti che potrebbero innescare nuove tensioni interne;
- dinamiche di domanda globale, condizionate da cicli macroeconomici, trade policy e sviluppo di fonti alternative.
Tra logica industriale e architettura geopolitica
La scelta di OPEC+ di proseguire nel rialzo della produzione, malgrado un mercato fragile e prezzi sotto pressione, non può essere letta solo come un’azione economica. Essa rappresenta una scelta strategica di natura geopolitica e di governance interna, in un momento cruciale per il futuro dell’equilibrio energetico mondiale.
Il prossimo vertice ministeriale del 28 maggio sarà determinante per comprendere se il gruppo intende proseguire su questa linea o ricalibrare la propria strategia alla luce delle reazioni di mercato e delle pressioni esterne.