L’Unione Europea, stretta tra le potenze mondiali USA e Cina che fanno da tempo grandi investimenti nell’IA, sente la necessità di provare a diventare un continente leader nell’intelligenza artificiale.
Il problema esiste e, se non risolto, rischia di lasciare l’UE nelle retrovie nello sviluppo dell’IA, affidandole soltanto il ruolo di consumatore/regolatore e non di costruttore delle nuove tecnologie che la ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale sta producendo con effetti dirompenti sui cittadini e le economie del mondo. Secondo la squadra guidata da von der Leyen e dal Consiglio d’Europa, la corsa per la leadership nell’IA è tutt’altro che finita e l’UE potrebbe rientrare in gioco con forti investimenti in questo settore.
È questo il senso del piano strategico (AI Continent Action Plan) pubblicato il 9 aprile scorso e fondato su tre idee di base: investimenti significativi nelle infrastrutture di calcolo e nelle reti, sviluppo europeo dei modelli di IA e ampia adozione dei sistemi di IA nell’economia europea. In sintesi: un grande mercato unico con un unico insieme di norme di sicurezza valido in tutta l’UE, compresa la legge europea sull’IA adottata di recente (l’AI Act), per garantire che l’IA sia affidabile e allineata con i valori dei paesi dell’Unione.
Il piano intende investire 200 miliari di euro per ampliare i sistemi ad alte prestazioni integrando le cosiddette AI Factory e le Gigafactory dislocate nelle diverse nazioni, lo sviluppo di Data Labs, la realizzazione e l’uso di sistemi di IA made in EU, un programma di formazione e di ricerca per avere in Europa le competenze necessarie, e la realizzazione di un mercato europeo per l’IA sviluppata in casa.
Le AI Factory saranno costruite intorno ai 13 centri di supercalcolo già esistenti e realizzati nel programma EuroHPC. Il piano prevede il loro rafforzamento con nuove macchine ad alte prestazioni e un punto di accesso singolo per tutti gli utenti in Europa per poter usare i loro servizi nell’ambito delle applicazioni di intelligenza artificiale.
Poiché i modelli di IA saranno sempre più complessi e avranno bisogno di risorse molto ampie, l’UE investirà anche nelle cosiddette AI Gigafactory. Saranno cinque strutture di grande scala per sviluppare e addestrare modelli di intelligenza artificiale complessi con migliaia di miliardi di parametri che integreranno oltre 100.000 processori. Queste strutture sono ritenute essenziali affinché l’Europa possa competere a livello globale e mantenga la propria autonomia strategica nel progresso scientifico e nei settori industriali critici. Saranno federati con le IA Factory per l’integrazione e la condivisione delle conoscenze in tutto l’ecosistema europeo dell’intelligenza artificiale. Il bando sarà pubblicato entro il 2025 e prevede partnership pubblico-private per costituire le Gigafactory anche con capitali di grandi investitori privati.
Il piano riconosce la dipendenza dell’Europa dalle piattaforme cloud USA (ad es. Amazon, Google, Microsoft) e per soddisfare adeguatamente le esigenze delle imprese e delle pubbliche amministrazioni in tutta l’UE e per garantire la competitività e la sovranità, vuole far in modo che l’UE aumenti la sua attuale capacità di cloud e data center in una maniera geograficamente equilibrata.
L’obiettivo è almeno triplicare la capacità dei data center dell’UE nei prossimi sette anni e portarla a un livello che soddisfi le esigenze delle imprese dell’unione e le pubbliche amministrazioni entro il 2035. Questo obiettivo permetterà anche di supportare i cosiddetti Data Spaces europei che dovranno conservare e integrare i dati dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni, permettendo una vera sovranità europea sui dati, fondamentale risorsa per tutti i processi e i servizi di innovazione.
Insieme alle infrastrutture e al software, un fattore primario per far sì che l’UE non sia il vaso di coccio tra i due vasi di ferro dell’IA nel mondo, è quello delle competenze. Nel piano si fa riferimento alla Roadmap 2030 per l’innovazione e alla iniziativa AI in Education che dovranno sostenere lo sviluppo dell’alfabetizzazione in IA per le scuole primarie e secondarie e promuovere l’adozione strategica ed etica dell’IA per l’istruzione. La Commissione promette di realizzare progetti per educare e formare la prossima generazione di esperti di IA nell’UE con corsi di laurea idonei, incentivando i talenti europei dell’IA a rimanere e a tornare nell’UE e attrarre e trattenere ricercatori esperti di IA. Il piano riconosce che occorre affrontare la precarietà nelle carriere dei ricercatori europei, rendendo l’ecosistema europeo della ricerca più attraente e rafforzando la capacità di ricerca europea a lungo termine.
Nel suo complesso, il piano dell’UE identifica le criticità e propone delle soluzioni, tuttavia sarà la sua implementazione la parte più critica. Per quanto siano tanti 200 miliardi di euro, se non saranno impiegati con lungimiranza e in maniera coordinata, rischieranno di non riuscire a cambiare lo scenario globale e spingere in alto il ruolo dell’UE nello sviluppo dell’IA. Gli USA e la Cina stanno investendo cifre simili e talvolta più grandi, ma soprattutto lo fanno in maniera integrata e strategica. L’UE non è nuova a programmi di ricerca e innovazione i cui molti fondi sono stati dispersi in mille rivoli di progetti privi di ricadute concrete. Progetti le cui procedure iper-burocratiche hanno impedito che diventassero realmente efficaci.
I centri di supercalcolo e i data center che si stanno realizzando da soli non bastano se non permetteranno accessi facilitati agli utenti, ai ricercatori e alle aziende. Serve un reale coordinamento tra essi e una efficace strategia di uso a servizio dell’IA, di chi la sviluppa e di chi la usa, e non a servizio delle carriere di chi gestisce quei centri.
Come dimostrato dalla produzione scientifica mondiale, le università e i centri di ricerca europei sanno generare ricerca di qualità, riuscendo a tenere testa a quelli degli USA che ricevono finanziamenti molto più elevati e superando quelli cinesi che non hanno ancora raggiunto i livelli di maturità di quelli europei. Tuttavia, se si vuole migliorare la nostra competitività, il piano dell’UE deve realmente aggregare le attività dei gruppi di ricerca europei, seguire modelli collaborativi, come quello del CERN, e concentrare gli sforzi su grandi obiettivi, mettendo insieme tanti ricercatori e importanti azioni progettuali con elevati livelli di coordinamento.
In sintesi, un piano come quello definito a Bruxelles è benvenuto e va realizzato in tempi brevi perché gli USA e la Cina nel settore dell’IA corrono molto veloci. Tuttavia, non bastano le buone intenzioni e i tanti fondi indicati nel piano dell’UE per raggiungere grandi risultati. Serviranno buone pratiche, unite a competenze qualificate da impiegare nei ruoli giusti e a procedure efficienti guidate da ricercatori e innovatori, non da burocrati.