OpenAI guarda a Chrome: nuova sfida alla supremazia di Google nel mercato digitale globale

RedazioneRedazione
| 23/04/2025
OpenAI guarda a Chrome: nuova sfida alla supremazia di Google nel mercato digitale globale

OpenAI si è dichiarata interessata all’acquisto del browser Chrome se Alphabet fosse costretta a cederlo. Sullo sfondo, la battaglia per l’equilibrio competitivo tra motori di ricerca, intelligenza artificiale e accesso alla distribuzione digitale.

Un potenziale terremoto nel panorama della concorrenza digitale si profila all’orizzonte. OpenAI, azienda leader nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale e creatrice di ChatGPT, ha espresso l’interesse ad acquisire Google Chrome, qualora Alphabet fosse costretta a dismettere il browser nell’ambito delle misure antitrust in discussione presso il tribunale federale di Washington.

La dichiarazione è arrivata durante l’audizione di Nick Turley, responsabile prodotto per ChatGPT, che ha testimoniato nel processo intentato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti contro Google. Il giudice distrettuale Amit Mehta ha già stabilito che Google detiene un monopolio nel mercato della ricerca online e della pubblicità collegata. Il procedimento ora mira a definire i rimedi strutturali e comportamentali per ripristinare la concorrenza.

Una mossa strategica che va oltre la ricerca

L’interesse di OpenAI per Chrome non è solo commerciale, ma profondamente strategico. La possibilità di integrare un browser dominante con un sistema di intelligenza artificiale come ChatGPT rappresenterebbe una svolta nell’interazione uomo-macchina e nella gestione autonoma delle query web.

Turley ha inoltre rivelato che Google ha rifiutato una proposta di collaborazione avanzata da OpenAI nel luglio scorso per accedere alla sua tecnologia di ricerca tramite API, proposta motivata dal deterioramento del servizio fornito dall’attuale partner di OpenAI, non nominato in aula ma noto come Bing di Microsoft.

“Avere accesso alle API di Google ci avrebbe permesso di migliorare significativamente l’esperienza utente”, ha dichiarato Turley, sottolineando che attualmente ChatGPT è ancora distante anni luce dal poter gestire in autonomia l’80% delle interrogazioni degli utenti.

Geopolitica dei dati e concentrazione tecnologica

La vicenda Chrome si inserisce in un contesto geopolitico e industriale più ampio, dove il controllo sui browser, sui motori di ricerca e sulle tecnologie AI rappresenta un asset strategico. La proprietà delle interfacce utente – browser e app preinstallate – consente di canalizzare il traffico digitale, raccogliere dati e mantenere un vantaggio competitivo asimmetrico.

Secondo i documenti processuali, Google aveva valutato accordi di esclusiva non solo per il proprio motore di ricerca, ma anche per l’assistente AI Gemini e il browser Chrome. Tuttavia, a seguito della pressione regolatoria, l’azienda ha ampliato la flessibilità nei contratti con produttori di dispositivi come Samsung e Motorola e con operatori come AT&T e Verizon, ammettendo installazioni di software concorrenti.

Il cuore del dibattito: antitrust e AI

Il Dipartimento di Giustizia propone che Google debba condividere i propri dati di ricerca con i concorrenti per riequilibrare il mercato e stimolare l’innovazione. Questo punto è centrale anche per OpenAI, che individua nella qualità e tempestività dell’informazione un elemento cruciale per rendere competitiva la propria piattaforma conversazionale.

Google, dal canto suo, insiste sul fatto che la causa non riguarda l’intelligenza artificiale, e che il gruppo affronta una concorrenza “robusta” da parte di colossi come Meta e Microsoft. Tuttavia, i procuratori federali hanno messo in evidenza il rischio che il dominio nella ricerca venga traslato anche nell’AI, grazie all’integrazione capillare tra prodotti e servizi.

Scenari futuri

L’eventualità che un’azienda come OpenAI – supportata da Microsoft – possa entrare nel mercato dei browser acquisendo Chrome, costituirebbe un precedente storico nell’applicazione del diritto antitrust all’ecosistema digitale. L’operazione, se mai venisse autorizzata, cambierebbe radicalmente le dinamiche di accesso ai dati, distribuzione dei contenuti e centralità delle piattaforme AI nel mercato globale.

Il caso solleva interrogativi di ordine giuridico, industriale e geopolitico: fino a che punto è lecito concentrare funzioni strategiche in un unico attore? E quale modello di concorrenza è compatibile con un’economia guidata da algoritmi e intelligenze generative?

Il processo contro Google potrebbe non solo ridisegnare il mercato della ricerca, ma anche aprire una nuova fase nella regolazione dei poteri digitali globali, dove AI, antitrust e politica industriale convergono in un terreno ancora largamente inesplorato.

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