La Cina proroga la costruzione di centrali a carbone fino al 2027: un equilibrio strategico tra sicurezza energetica e transizione verde

| 14/04/2025
La Cina proroga la costruzione di centrali a carbone fino al 2027: un equilibrio strategico tra sicurezza energetica e transizione verde

Nel nuovo piano d’azione, Pechino conferma il ruolo del carbone come “fonte ponte” per garantire stabilità nella rete elettrica nazionale, in attesa del pieno sviluppo delle rinnovabili.

La Cina ha annunciato che continuerà a costruire nuove centrali elettriche a carbone almeno fino al 2027, secondo quanto indicato in un piano d’azione congiunto pubblicato dalla Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (NDRC) e da altri enti governativi. La decisione, formalizzata in un documento datato 26 marzo, mette in evidenza il persistente ruolo strategico del carbone nella sicurezza energetica del Paese, nonostante gli impegni presi verso la decarbonizzazione.

Stabilizzare la rete elettrica in un sistema dominato da rinnovabili intermittenti

Secondo le linee guida, la costruzione di nuove centrali sarà autorizzata nelle regioni prive di capacità installata sufficiente, o dove le fonti rinnovabili come eolico e solare non garantiscono continuità e affidabilità del servizio.

Alle imprese energetiche sarà richiesto di realizzare impianti a carbone in grado di:

  • funzionare in sicurezza anche a basso regime
  • adattarsi rapidamente alle fluttuazioni della generazione rinnovabile
  • garantire l’equilibrio della rete nei momenti di picco o carenza.

In alcuni casi, i nuovi impianti potranno essere operativi per meno del 20% del tempo annuale, mentre per quelli esistenti i tassi minimi di utilizzo saranno compresi tra il 25% e il 40%.

Carbone “più pulito”: requisiti di efficienza e riduzione delle emissioni

I nuovi impianti saranno soggetti a criteri più stringenti in termini di efficienza energetica e intensità carbonica: sarà obbligatoria una riduzione delle emissioni tra il 10% e il 20% rispetto alla media della flotta attuale.

Questo approccio risponde alla volontà del presidente Xi Jinping di iniziare la riduzione del consumo complessivo di carbone a partire dal 2026, come parte degli obiettivi climatici del paese. Tuttavia, la Cina estrae e brucia ancora oltre il 50% del carbone mondiale e nel 2024 ha avviato la costruzione del maggior numero di impianti a carbone degli ultimi dieci anni.

Una transizione graduale e pragmatica: tra crescita, sicurezza e clima

Il piano riflette il realismo energetico della strategia cinese: le energie rinnovabili sono in forte crescita, ma non ancora in grado di garantire un carico di base stabile. Il rallentamento economico e un inverno mite hanno già portato a una riduzione del 5,8% nella produzione da impianti termici nei primi due mesi del 2025, ma ciò non basta ancora per abbandonare il carbone.

La Cina sta dunque ribilanciando il mix energetico nazionale, senza compromettere la sicurezza dell’approvvigionamento, in un contesto geopolitico segnato da instabilità nelle catene di fornitura globali, aumento dei costi delle materie prime e incertezze legate al commercio internazionale.

Implicazioni internazionali: clima e competitività industriale

La scelta di Pechino potrebbe influenzare le dinamiche negoziali in ambito climatico, a partire dalla prossima COP30, ma anche innescare tensioni commerciali con quei Paesi che puntano a implementare meccanismi di carbon border adjustment, come l’UE.

Al tempo stesso, garantendo energia stabile e a basso costo per l’industria nazionale, la Cina rafforza la sua competitività industriale globale, in particolare nei settori ad alta intensità energetica (acciaio, cemento, semiconduttori, chimica).

Carbone come risorsa di transizione, non come rinuncia

La proroga delle nuove centrali a carbone non rappresenta un arretramento dagli impegni climatici, ma una strategia di transizione pragmatica in un paese che ospita oltre 1,4 miliardi di persone, con un’economia ancora in via di riequilibrio post-Covid.

La sfida per Pechino sarà duplice: gestire il carbone come risorsa “di riserva” senza intrappolarsi nella sua dipendenza e allo stesso tempo accelerare l’elettrificazione rinnovabile, lo stoccaggio e la digitalizzazione della rete.

Il mondo guarda con attenzione. Perché, se la Cina fallisce nella sua transizione, l’intera traiettoria climatica globale rischia di deragliare.

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