Dopo una seduta in ribasso, i prezzi del petrolio sono tornati a salire nella giornata di venerdì, sostenuti da acquisti tecnici e da segnali di possibile azione dell’OPEC+. Tuttavia, il quadro resta fragile: il Brent si attesta a 64,23 dollari al barile (+1,4%) e il WTI a 60,95 dollari (+1,5%), ma entrambi sono destinati a chiudere la settimana con un calo rispettivamente del 2,1% e dell’1,8%, dopo una flessione dell’11% la settimana precedente.
Il principale fattore destabilizzante resta l’inasprimento della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, che sta assumendo contorni sempre più geopolitici. La recente decisione del presidente Donald Trump di innalzare i dazi su beni cinesi al 145%, seguita dalla controffensiva di Pechino, ha scatenato nuove preoccupazioni sui mercati globali, già appesantiti dal rallentamento della domanda.
Domanda globale in calo e timori recessivi
Secondo l’U.S. Energy Information Administration (EIA), le prospettive di crescita economica globale sono peggiorate a causa dell’incertezza commerciale, con un impatto diretto sulla domanda di petrolio. L’EIA ha, infatti, rivisto al ribasso le stime sulla domanda di greggio sia per il 2025 sia per il 2026, anticipando un possibile indebolimento strutturale dei consumi energetici.
Anche le analisi di BMI e ANZ Bank convergono in questo senso: un calo della crescita globale sotto il 3% potrebbe ridurre i consumi petroliferi dell’1%, con effetti significativi su bilanci e strategie dei principali produttori.
L’incognita OPEC+: una riunione cruciale il 5 maggio
A complicare ulteriormente il quadro, si avvicina l’atteso vertice OPEC+ del 5 maggio, che potrebbe rappresentare uno spartiacque per i mercati energetici. Se da un lato il cartello potrebbe optare per una riduzione dell’offerta per sostenere i prezzi, dall’altro un eventuale incremento della produzione aggraverebbe ulteriormente la pressione al ribasso.
Secondo BMI, «un annuncio di aumento dell’offerta potrebbe innescare una nuova ondata di vendite sui mercati».
Implicazioni geopolitiche e strategiche
Il contesto odierno impone una lettura più ampia delle dinamiche del petrolio. Il confronto tra Washington e Pechino non è più solo una questione di commercio, ma investe direttamente i modelli di approvvigionamento energetico globale, la politica industriale e il posizionamento geopolitico di superpotenze e potenze emergenti.
La dipendenza globale dalle rotte commerciali sicure e dalla stabilità politica nei paesi esportatori rende il mercato del petrolio estremamente sensibile a shock esterni. Le aziende del settore, dal Medio Oriente all’America Latina, stanno rivedendo le proprie strategie per fronteggiare volatilità, incertezza e nuove sfide normative legate alla transizione energetica.
Il mercato esposto a variabili macroeconomiche
Il recente rimbalzo dei prezzi del petrolio sembra più un effetto tecnico che un’inversione di tendenza. Il mercato resta esposto a variabili macroeconomiche e politiche difficilmente prevedibili. L’OPEC+ dovrà trovare un difficile equilibrio tra difesa del prezzo e sostenibilità dell’offerta, mentre i governi dovranno riflettere sull’impatto delle loro decisioni economiche sulla stabilità energetica globale.
L’industria petrolifera è chiamata a navigare in acque sempre più agitate, con la bussola orientata non solo ai fondamentali economici, ma anche agli equilibri geopolitici e tecnologici in continua evoluzione.