Contenitori di plastica e rischio cardiovascolare. Nuove evidenze scientifiche

| 27/02/2025
Contenitori di plastica e rischio cardiovascolare. Nuove evidenze scientifiche

Ogni giorno, senza pensarci troppo, versiamo caffè bollente in bicchieri di plastica, scaldiamo la cena in contenitori usa e getta, trasportiamo l’acqua in bottiglie lasciate al sole. Un gesto rapido, comodo, apparentemente innocuo. Ma cosa accade davvero quando la plastica incontra il calore? Una nuova ricerca suggerisce che il contatto con alimenti caldi può rilasciare sostanze chimiche capaci di alterare il tessuto cardiaco e aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.

L’impatto della plastica sulla salute cardiovascolare

Versiamo il nostro tè bollente in una tazza di plastica. Prendiamo un pasto caldo dal nostro ristorante preferito avvolto in un contenitore usa e getta. Apriamo una bottiglia d’acqua lasciata in macchina per ore sotto il sole. Nulla di strano, nulla di diverso dalla routine quotidiana. Eppure, mentre noi ci godiamo il nostro pasto o la nostra bevanda, qualcosa accade, qualcosa di impercettibile, di invisibile, ma potenzialmente pericoloso.

Uno studio pubblicato su Ecotoxicology and Environmental Safety ha dimostrato che il calore attiva un processo chimico: la plastica rilascia microparticelle e sostanze che finiscono direttamente nel nostro organismo. Nei test sugli animali, questa esposizione ha portato a infiammazione cardiaca, alterazioni del metabolismo cellulare e danni ai tessuti del cuore. Dopo appena tre mesi, i ricercatori hanno osservato segni evidenti di stress cardiovascolare.

Ma non è solo un’ipotesi da laboratorio. Un’indagine condotta su 3.179 persone ha evidenziato che chi utilizza frequentemente contenitori di plastica per alimenti ha un rischio più alto di insufficienza cardiaca congestizia, con un odds ratio di 1,13 ovvero il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca congestizia è del 13% più alto per chi utilizza frequentemente contenitori di plastica per alimenti, rispetto a chi ne fa un uso limitato o nullo. Questo significa che il legame tra plastica e salute cardiaca non è più solo una supposizione, ma una realtà che merita attenzione.

Le sostanze chimiche nocive nei contenitori di plastica

Il problema non è solo la plastica in sé, ma gli elementi chimici che la compongono. Bisfenolo A (BPA), ftalati, stirene: nomi poco familiari, ma presenti ovunque. Sostanze usate per rendere la plastica più resistente e flessibile, ma che possono interferire con il nostro organismo in modi tutt’altro che trascurabili.

Il BPA, per esempio, è noto per la sua capacità di alterare il sistema endocrino e favorire problemi metabolici. Gli ftalati, invece, sono spesso alla base di disturbi ormonali, infiammazioni croniche e ipertensione. Il calore intensifica il rilascio di queste sostanze, che finiscono inevitabilmente nel cibo. E non serve una temperatura estrema: basta lasciare una bottiglia d’acqua al sole per qualche ora per aumentare in modo importante la concentrazione di microplastiche. Uno studio ha rivelato che il riscaldamento delle bottiglie di plastica può portare la quantità di particelle ingerite da 600.000 a 55 milioni per litro.

Se un simile dato fosse riportato su una bottiglia d’acqua, la berremmo con la stessa tranquillità?

I danni delle microplastiche sulla salute

Non vediamo le microplastiche. Non le percepiamo. Eppure, sono ovunque. Galleggiano negli oceani, si depositano nel suolo, viaggiano nell’aria. E soprattutto, sono dentro di noi.

Analisi recenti hanno individuato particelle di plastica nel sangue umano, nei polmoni, nel fegato, nella placenta e persino nel latte materno. Sono abbastanza piccole da attraversare le barriere biologiche e infiltrarsi nei nostri organi, con conseguenze ancora da scoprire del tutto, ma già inquietanti.

Gli studi sugli animali rivelano che le microplastiche possono alterare la flora intestinale, favorire stati infiammatori cronici e compromettere il sistema immunitario. Ma ciò che preoccupa maggiormente è il loro effetto sul cuore. Tracce di microplastiche sono state individuate nel sistema circolatorio, e la loro presenza potrebbe favorire l’aterosclerosi, l’ipertensione e altri disturbi cardiovascolari. Il nostro corpo non è fatto per convivere con la plastica, eppure, giorno dopo giorno, la nostra esposizione aumenta.

Verso soluzioni più sicure e sostenibili

Di fronte a questi dati, la domanda è inevitabile: possiamo fare qualcosa? La risposta è sì. Non serve una rivoluzione, ma piccoli cambiamenti possono fare la differenza.

Sostituire i contenitori in plastica con alternative più sicure, come vetro e acciaio inox, è un primo passo. Evitare di riscaldare i cibi in plastica, scegliere bottiglie riutilizzabili prive di BPA, e ridurre il consumo di alimenti confezionati. Sono gesti semplici, ma che possono limitare non poco l’esposizione a queste pericolose sostanze.

Il cambiamento, però, non può essere solo individuale. Servono regolamentazioni più rigide, ricerca su materiali più sicuri, politiche che incentivino alternative sostenibili. Nel frattempo, ognuno di noi può fare la propria parte. Perché meno plastica significa meno rischi. E meno rischi implicano una vita più sana, per noi e per le generazioni future.

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