Quanti soldi diamo all’Ucraina? Il sostegno degli USA e quello dell’Europa, Italia compresa

| 26/02/2025

In un momento storico davvero difficile per l’Ucraina e non solo, analizziamo il contributo che i Paesi hanno dato per la resistenza all’aggressione russa. Gli Stati Uniti sono i maggiori contributori, l’Europa a macchia di leopardo.

Donald Trump va compreso contestualizzandolo: non ragiona da politico, ma da immobiliarista. Non cerca ciò che è giusto, ma ciò che è utile (a lui). Questo preambolo per cercare, o meglio sforzarci il più possibile, di trovare una parvenza di minima giustificazione alla raffica di insulti, contumelie ed enormità complottiste riversate sull’Ucraina, da tre anni costretta a difendersi dall’aggressione russa. E ora pure da coloro che erano i suoi maggiori alleati, gli Stati Uniti.

Il contributo degli USA per sostenere l’Ucraina

Già, perché gli USA sono la nazione che più ha contribuito a sostenere il Paese governato (non si bene ancora per quanto) da Zelensky, che nella retorica attuale da vittima viene dipinto a momenti come carnefice. Secondo le informazioni fornite dall’Ukraine Support Tracker del Kiel Institute of the World Economy, e rese disponibili questo mese, gli Stati Uniti, al 31 dicembre 2024, rappresentano i maggiori finanziatori della resistenza ucraina, con uno stanziamento complessivo di 120 miliardi di dollari. Parliamo non solo di armi, ma anche di aiuti umanitari e sostegno finanziario tramite ad esempio prestiti.

Come abbiamo detto all’inizio, Trump valuta le cose in maniera brutalmente pragmatica. Questo travaso di liquidità dalle casse federali per lui rappresenta qualcosa di abnorme, motivo per cui ha posto condizioni draconiane sulle terre rare all’Ucraina per rientrare da questo debito.

Certo, sarebbe stato forse utile dall’inizio verificare come siano stati spesi questi fondi, ma comunque si tratta di stanziamenti utili a difendere non solo l’Ucraina stessa e quindi l’Europa (cosa che però non interessa né a Trump né a larga parte della popolazione americana, che non comprende per quale motivo gli Stati Uniti siano coinvolti in una guerra lontanissima). Ma anche l’Occidente, i suoi principi e valori. Fermo restando che il Tycoon non ha mai nascosto la sua ammirazione per Putin, visto come uomo forte che non sta lì a soffermarsi sulla teoria e che, se vuole ottenere qualcosa, non indugia certo a riflettere se ciò possa essere lecito o meno sul piano del diritto internazionale.

L’Unione Europea in ordine sparso. Il Regno Unito maggior donatore, l’Italia indietro

Tutt’altro discorso per l’Unione Europea, disprezzata da Trump per la sua incapacità di poter incidere veramente negli equilibri mondiali. L’UE alla fine dei conti, secondo i dati dell’Ukraine Support Tracker, ha sostenuto Zelensky e il suo Paese con meno della metà degli stanziamenti usciti dalla casse americane.

Mentre abbiamo come capofila Regno Unito e Germania nel concedere i maggiori aiuti (rispettivamente con lo 0,9% del proprio PIL e lo 0,4%: gli USA, per capirci, hanno contribuito per lo 0,6% del loro prodotto interno lordo), altri Paesi come la Francia e anche l’Italia hanno dato un supporto in misura minore.

Il nostro Paese, infatti, ha sostenuto l’Ucraina per lo 0,1% del suo PIL. Se parliamo, invece, di valori assoluti, la Germania supera il Regno Unito con stanziamenti pari a 17 miliardi di euro contro 15 miliardi.

Da citare poi il caso di Danimarca e Paesi Bassi, le quali hanno donato di più alla causa dell’Ucraina in rapporto alle loro economie.

Il politologo Edward Luttwak, in una recente intervista concessa a Il Tempo, ha sferzato il contributo europeo, parlando di una Francia che ha mandato dei missili giusto per fare dei test o l’Italia che “ha spedito qualche vecchio carro armato o delle mitragliatrici arrugginite”. Parole forti, ma al di là dei toni polemici sono dichiarazioni che mettono a nudo il reale contributo dell’UE che forse ha fatto troppo affidamento sugli Stati Uniti ed è stata presa in contropiede dall’atteggiamento di Trump senza preventivare il modus operandi imprevedibile del Tycoon e ritrovandosi, perciò, ora sostanzialmente da sola nel cercare di evitare il tracollo ucraino.

L’articolo qui pubblicato rientra in una collaborazione tra IF-Italia nel Futuro e Visual Capitalist, che ci consente di attingere alle sue banche dati.
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