EuroStack, un piano sconnesso dalla realtà

| 13/02/2025

L’Europa torna a parlare di sovranità digitale con il progetto EuroStack (il documento integrale e’ scaricabile qui): un’iniziativa ambiziosa che promette di ridurre la dipendenza dalle Big Tech americane e cinesi, costruendo un’infrastruttura digitale autonoma.

Il documento che lo presenta, pubblicato dalla Bertelsmann Stiftung e supportato da diverse istituzioni europee, dipinge un futuro radioso in cui l’UE si affranca dalla tecnologia straniera e diventa protagonista dell’innovazione globale. Ma questa visione, seppur suggestiva, si scontra con una dura realtà: l’Europa non ha né le risorse, l’industria, il consenso politico per realizzarla.

Il sogno di una sovranità digitale… sulla carta

EuroStack propone la creazione di un’infrastruttura digitale europea che comprenda semiconduttori, cloud, intelligenza artificiale, reti e software proprietari. Un progetto faraonico, che, per i suoi promotori, sarebbe la chiave per garantire l’autonomia tecnologica del continente. Il problema? Nulla di tutto ciò esiste oggi in Europa su una scala competitiva.

Attualmente, il 70% del mercato cloud europeo è controllato da tre colossi americani (Amazon, Microsoft e Google), mentre i fornitori europei rappresentano meno del 2%. L’Europa produce solo il 9% dei semiconduttori globali, contro il 56% di Taiwan. E nel campo dell’intelligenza artificiale, gli USA dominano con il 70% dei modelli fondamentali, mentre la Cina sta rapidamente recuperando terreno.
L’Europa, invece, è quasi irrilevante. Il documento riconosce queste criticità ma le affronta con una soluzione semplicistica: spendere 300 miliardi di euro in dieci anni per creare un’alternativa europea.

Chi paga per EuroStack?

Il finanziamento del piano è un altro punto debole. L’idea di istituire un Fondo Sovrano Tecnologico Europeo da 300 miliardi di euro è suggestiva, ma non si capisce da dove dovrebbero arrivare questi soldi. Gli Stati membri non sembrano disposti a investire cifre così ingenti, soprattutto considerando che alcuni di loro hanno già stretto accordi strategici con partner americani o cinesi. E il settore privato? Difficile che investitori e imprese puntino su un’iniziativa guidata dall’UE quando possono ottenere tecnologie più avanzate e convenienti dai giganti americani e asiatici.

Protezionismo o innovazione?

EuroStack propone un approccio “Europe first”, suggerendo che le istituzioni pubbliche e le aziende debbano acquistare tecnologia europea, anche quando questa è meno competitiva rispetto a quella estera. Ma questo protezionismo rischia di soffocare la competitività delle imprese e rallentare l’innovazione, anziché stimolarla. Creare un cloud sovrano o un sistema operativo europeo ha senso solo se questi prodotti possono competere in termini di qualità, efficienza e prezzo. Se invece si trasformano in progetti pubblici costosi e poco performanti, le aziende e i cittadini europei continueranno a preferire le soluzioni offerte dalle Big Tech.

Burocrazia e governance: il rischio di un altro fallimento

Il documento parla di un modello di governance centralizzato, con regole rigide per garantire sicurezza, interoperabilità e sostenibilità. Ma l’Europa ha già dimostrato che progetti simili possono fallire miseramente. Gaia-X, l’iniziativa per un cloud europeo sovrano, è stata soffocata dalla burocrazia, dalla mancanza di coordinamento e dall’incapacità di attrarre partner privati. Cosa impedisce a EuroStack di fare la stessa fine?

Inoltre, il riferimento alla creazione di un “EuroOS” – un sistema operativo europeo con digital ID e digital euro integrati – ricorda iniziative fallimentari come i tentativi di creare motori di ricerca o social network europei. Il rischio è quello di spendere miliardi per un progetto che nessuno vorrà utilizzare.

L’Europa ha bisogno di realismo, non di utopie

EuroStack è il classico esempio di un progetto che nasce con le migliori intenzioni ma che ignora la realtà dei fatti. Se l’Europa vuole rafforzare la propria posizione nel digitale, deve abbandonare l’illusione dell’autarchia tecnologica e puntare su strategie più concrete:

Investire in settori di nicchia dove ha un vantaggio competitivo, come telecomunicazioni, 5G, semiconduttori specializzati e cybersecurity.

Creare partnership strategiche con USA e Asia invece di isolarli, accedendo alle loro tecnologie e competenze per sviluppare ecosistemi più forti.

Rendere l’Europa attraente per gli investitori, riducendo la burocrazia e facilitando la crescita delle startup innovative, evitando che migrino verso la Silicon Valley.

Senza un cambio di approccio, EuroStack rischia di diventare l’ennesimo progetto fallimentare dell’UE: ambizioso nei proclami, ma irrilevante nei risultati.

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